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Pisello proteico e NON soia

Agriturismo a Siracusa: per integrare la razione proteica delle nostre vacche da latte usiamo il pisello proteico che coltiviamo personalmente sui nostri terreni, e non la soia di importazione
Agriturismo a Siracusa: per integrare la razione proteica delle vacche da latte del nostro allevamento usiamo il pisello proteico, un legume che è stato introdotto in Sicilia solo dal 2007 e che noi coltiviamo personalmente sui nostri terreni in regime di Biologico. NON usiamo soia di importazione.


 Ecco perché la nostra scelta TUTELA il consumatore e l'ambiente in cui viviamo:

 

Meno AFLATOSSINE Niente OGM Meno CO2  Un TERRENO PIU' FERTILE
e meno inquinamento
Un TERRITORIO PIU' PROTETTO

 

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La qualità della vita delle bovine da latte, animali che durante tutta la loro carriera produttiva esercitano un lavoro metabolico molto intenso a livello dell'apparato mammario, dipende in buona misura dalla qualità dell'alimentazione che ricevono. Allo stesso modo, la razione alimentare della vacca influisce sulla qualità nutrizionale del latte e sulla sua attitudine a essere trasformato in formaggi di buona qualità. 

 

Per soddisfare il forte dispendio collegato alla produzione del latte, l'alimentazione della vacca, costituita fondamentalmente da una miscela di erba verde e di fieno secco, va opportunamente integrata con l'aggiunta di semi ricchi di proteine.

Nella comune pratica zootecnica si individua nella soia il legume più ricco di proteine, e nella sua farina di estrazione il prodotto dotato della massima digeribilità e capace di garantire la massima conversione dell'alimento in carne e latte. La soia, dunque, occupa il primo posto della graduatoria dei mangimi zootecnici quando il parametro di riferimento è il risultato economico.

 

Quando invece si prendono in considerazione anche fattori diversi dalla mera produttività dell'animale, emergono valutazioni che al consumatore vengono spesso e volentieri taciute. Esistono infatti delle controindicazioni all'uso zootecnico della farina di semi di soia soprattutto in luoghi, come la Sicilia, in cui questa pianta non può essere coltivata e deve quindi essere importata.

 

 

> MENO AFLATOSSINE nel pisello coltivato in azienda, che nella soia importata.

> Cause di infestazione

Il problema della presenza di aflatossine nei semi e nelle granaglie non riguarda soltanto la soia e non è nemmeno limitato ai mangimi zootecnici. A causa della facilità con cui muffe come l'Aspergillus Flavus e il Fusarium si diffondono già in campo, questo problema riguarda in generale i cereali, i legumi e i semi di piante oleaginose. A rischio, infatti, sono anche prodotti come le mandorle, i pistacchi e le arachidi destinate al consumo umano. Tra le cause di diffusione di questa comune infestazione ci sono lo stress idrico che le piante subiscono nei periodi di siccità e le controindicazioni delle pratiche di agricoltura intensiva. Per maggiori informazioni sulle aflatossine, sul loro effetto cancerogeno documentato e sui rischi collegati all'uso di mangimi zootecnici importati (non coltivati in azienda) fate riferimento all'articolo [Aflatossine nel latte di vacca: i rischi di usare mais e soia importati nell'alimentazione bovina] e seguite i numerosi link di approfondimento che vi abbiamo pubblicato.

 

Perché, dunque, la soia dovrebbe costituire un problema a se stante?

 

Il fatto è che la soia, intesa come prodotto commerciale, ha un mercato gigantesco a livello globale. Le partite di soia prodotte ad esempio in Asia viaggiano attraverso gli oceani nelle enormi stive di navi mercantili le cui destinazioni spesso sono decise dopo che la nave ha lasciato il porto, in funzione degli accordi commerciali presi al volo dai grandi broker internazionali. Dal momento in cui la soia è raccolta in campo, in Asia, al momento in cui essa giunge all'azienda agricola, in Sicilia, può passare anche un lasso di tempo molto lungo. In questo frangente i semi sono stoccati in silos di grandissime dimensioni. Se l'umidità e l'areazione dei silos non sono ottimali, in queste condizioni è facile che una contaminazione da muffe di scarsa entità, considerata accettabile alla fonte, si trasformi un una pesante infestazione.

Se si considera, poi, che un'azienda agricola non può approvvigionarsi frequentemente di piccole quantità di soia, se vuole spuntare un prezzo conveniente, ma deve acquistare grosse partite da consumare gradualmente durante la stagione, si comprende facilmente che questi semi, dopo il trasporto nelle stive delle navi e lo stoccaggio nei magazzini dei grandi distributori all'ingrosso, dovranno ulteriormente essere conservati (e per lunghi periodi) all'interno dei silos aziendali. E' facile intuire che esiste la possibilità (ed è molto concreta), che non in tutti questi passaggi gli operatori siano così scrupolosi da garantire le perfette condizioni di conservazione.

Né siamo convinti che un operatore di mercato, dopo aver investito cifre così alte, sia disposto a distruggere intere partite di soia (e a sostenere i relativi costi di smaltimento) nel caso in cui la contaminazione da muffe del genere Aspergillus o Fusarium sia salita al di sopra dei livelli di guardia. Ci sembra più facile pensare che egli miscelerà la partita infetta a un'altra partita più sana, in modo che il livello di contaminazione misurabile alla consegna non sia allarmante. Così facendo, però, ovviamente non si fa altro che estendere la contaminazione.

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> Maggiori rischi per la farina di estrazione di soia

Se dunque le sementi di soia sono soggette a questi rischi, le perplessità sono ancora più serie per quanto riguarda la farina di estrazione di soia.

La ragiune per cui la soia si somministra agli animali nella forma sfarinata è che le particelle triturate del seme, essendo molto piccole, offrono una superficie maggiore all'attacco dei succhi digestivi nello stomaco dell'animale. In questo modo la percentuale di assorbimento dei nutrienti è più alta e l'animale produce di più.

Il problema è che la maggiore superficie disponibile è un vantaggio anche per le muffe, che nella farina di estrazione di soia (priva della cuticola fibrosa che proteggeva il seme) si diffondono ancora meglio.

L'aflatossina B1, prodotta da Aspergillus Flavus è considerata una sostanza ad altissimo effetto cancerogeno diretto a danno del fegato. La cosa colpisce l'animale che ingerisce i mangimi, ma interessa direttamente anche il consumatore perché l'aflatossina B1 viene metabolizzata dal fegato ed escreta nel latte sotto forma di aflatossina M1 (M sta per Milk: latte in inglese). Anche la M1 ha effetto cancerogeno, sebbene tale effetto sia meno intenso di quello della B1.

 

Ecco dunque, perché abbiamo scelto di usare il pisello proteico invece delle soia per integrare la razione proteica delle nostre vacche. Sebbene questo legume sia meno produttivo in termini di resa commerciale zootecna, esso è comunque un ottimo alimento per i nostri animali. Il fatto di coltivarlo in azienda ci permette di tenere sotto controllo direttamente i parametri che influiscono sui rischi di contaminazione fungina. Il fatto poi che questi semi non viaggino per settimane nelle stive di una nave e che non siano stoccati lungamente nei silos di diversi distributori diminuisce il rischio di diffusione delle infestazioni.

Noi conserviamo i semi interi (protetti all'interno della loro naturale cuticola esterna) e non la farina (più sensibile all'attacco delle muffe). Per miscelare il pisello proteico alla razione delle nostre vacche da latte lo schiacciamo con un semplicissimo mulinetto meccanico a rulli (una schiacciatrice), ma questo avviene solo quando il prodotto deve essere consumato. Il seme, cioé viene dunque schiacciato e subito somministrato agli animali. Lo schiacciato non viene conservato per giorni e giorni. In questo modo riduciamo ulteriormente la possibilità di diffusione delle muffe.

 

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> NIENTE OGM nel pisello coltivato in azienda.

Attorno alla coltivazione della soia ruota un mercato di dimensioni titaniche. Gli interessi commerciali per questo prodotto sono enormi. La soia, infatti, è un prodotto consumato, a livello mondiale in quantità elevatissime e trova molteplici usi sia in campo zootecnico sia nell'alimentazione umana. In pratica, poche grandissime aziende multinazionali detengono la maggior parte delle quote del mercato globale. La presenza di interessi commerciali così elevati ha reso economicamente vantaggioso fare degli studi tesi a modificare geneticamente la pianta della soia per renderla più resistente agli attacchi parassitari, più produttiva, più idonea al trasporto, più adatta alla trasformazione nei suoi numerosi derivati. La soia, insieme al mais, è uno degli Organismi Geneticamente Modificati (OGM) di maggiore successo nel mercato mondiale. In Italia, ad oggi, la vendita di prodotti geneticamente modificati è vietata. Tuttavia, anche se non mettiamo assolutamente in dubbio (davvero) la buona fede dei mangimifici locali, esiste la possibilità che i loro fornitori mescolino alle partite OGM Free, destinate all'Italia, partite di soia transgenica, prodotta in paesi dove questo è legale. Smascherare una frode del genere, infatti, è a oggi estremamente difficile.

 

Non vogliamo, in questa sede, addentrarci sulle incognite che riguardano i rischi per la salute e i pericoli per l'ecosistema derivanti dal fatto di "liberare in natura" degli organismi geneticamente modificati dall'uomo per scopi economici. In internet sono disponibili le informazioni che vi permetteranno di ascoltare i diversi pareri a riguardo.

Quello che invece possiamo dirvi è che il pisello proteico usato nella nostra azienda è una varietà selezionata con metodi di agricoltura convenzionale. Le sue qualità agronomiche e i suoi pregi come alimento zootecnico sono il frutto di una selezione e di un miglioramento genetico fatto in modo assolutamente naturale. Inoltre non avrebbe alcun senso per una grossa multinazionale investire nella ricerca per modificare geneticamente una pianta come questa, dato il basso volume di mercato che essa sviluppa, in confronto alla soia e al mais.

 

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> MENO CO2 nell'atmosfera coltivando in azienda il pisello proteico piuttosto che acquistando la soia di importazione

Per raggiungere la Sicilia dai luoghi di produzione (dall'Asia, ad esempio), la soia compie viaggi lunghissimi a bordo di navi, di tir e di altri mezzi di trasporto. Tutto il carburante bruciato in questi spostamenti serve a movimentare masse enormi di un legume che, come dimostra il lavoro della nostra azienda, può essere sostituito da un prodotto realizzato in loco con minori rischi di contaminazione microbica e rilasciando nell'atmosfera una quantità molto inferiore di CO2 (un gas che aggrava l'effetto serra e aumenta il riscaldamento del nostro pianeta).

 

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 > Un terreno più fertile e meno inquinamento, alternando la coltivazione del pisello proteico e dei cereali

Una pratica agronomica di cui l'umanità ha scoperto prestissimo l'importanza è la rotazione delle colture su uno stesso terreno.

Coltivare ogni anno la stessa specie vegetale in un dato appezzamento, da un lato deteriora il suolo, sotto il profilo chimico e sotto il profilo strutturale, dall'altro favorisce lo sviluppo dei parassiti e delle piante infestanti.

 

La rotazione colturale, invece

  1. contribuisce a interrompere in modo naturale e senza l'uso di veleni il ciclo vitale degli organismi che parassitano una certa coltura. In modo particolare, alternare la coltivazione di piante appartenenti a famiglie molto diverse (come ad esempio, le graminacee e le piante oleaginose o le leguminose) aiuta a spezzare il ciclo di alcune erbe infestanti;
  2. per la diversa biologia degli apparati radicali, lo spessore del terreno risulta meglio esplorato dalla parte ipogea delle piante. In pratica, radici di piante diverse interagiscono con il suolo in modo diverso, e così facendo evitano di modificarne la struttura in una sola direzione. E', per fare un esempio, lo stesso principio per cui, quando in una zona il vento soffia sempre dalla stessa parte, tutte le piante crescono con il fusto inclinato nella stessa direzione. Se il vento, invece, in periodi diversi soffia da direzioni diverse le piante avranno più probabilità di crescere con il fusto eretto. A livello di composizione e di struttura del suolo questo significa che la rotazione delle colture migliora le caratteristiche fisiche del terreno, con particolare riferimento alla sua struttura. Essa ne limita infatti il compattamento e la degradazione e, conseguentemente, migliora la capacità del suolo di nutrire e di ancorare le piante;
  3. le leguminose, come il pisello proteico, appunto, hanno la particolarità di sviluppare, a livello della radice, una particolarissima simbiosi con microrganismi detti azoto fissatori. Questi batteri hanno un ruolo importantissimo nell'ecosistema, perché costituiscono gli operatori di uno degli stadi più precoci della trasformazione delle sostanze minerali in sostanze organiche (molecole utili alla costruzione delle strutture viventi). Essi, infatti, legando l'idrogeno (H2) all'azoto (N2), due gas poco solubili in acqua, creano ammoniaca (NH3) una sostanza che invece, essendo polare (perché le sue cariche elettriche sono distribuite in modo asimmetrico) si scioglie bene in acqua e può quindi essere facilmante assorbita dalle piante. Queste ultime, a loro volta, trasformano l'ammoniaca in amminoacidi, che sono i mattoni che compongono le proteine. I più attenti avranno capito che questo significa arricchire il terreno di sostanze nutrienti per le piante SENZA USARE FERTILIZZANTI CHIMICI, il ché è invece quello che bisogna necessariamente fare se si pratica la monocoltura dei terreni (l'atteggiamento tipico di un'agricoltura guidata solo dal mercato e dal denaro, che si disinteressa dei problemi dell'ecologia)
  4. durante il loro normale ciclo biologico, le piante crescono, ma abbandonano anche sul terreno parti morte come foglie e rami secchi. Se si coltivano piante diverse sullo stesso terreno, la qualità delle sostanze 'restituite' al terreno dalle piante sarà sempre diversa. In questo modo il terreno otterrà una maggiore varietà di sostanze da rimettere in circolo e rischierà meno di impoverirsi di un determinato elemento. In altre parole, la qualità dell'humus sarà migliore e il terreno sarà più fertile.

 

Batteri azotofissatori del genere Rhizobium - foto scaricata da http://venus.unive.it/miche/cicli_ecosis/0055.htm Agriturismo a Siracusa: tubercoli radicali dovuti alla simbiosi intracellulare di colonie di Rhizobium con l'apparato radicale di una pianta della famiglia delle leguminose
Batteri azotofissatori del genere Rhizobium - foto scaricata da http://venus.unive.it/miche/cicli_ecosis/0055.htm Tubercoli radicali dovuti alla simbiosi intracellulare di colonie di Rhizobium con l'apparato radicale di una pianta della famiglia delle leguminose - foto scaricata da http://venus.unive.it/miche/cicli_ecosis/0055.htm

 

La rotazione delle colture fu praticata in tutto il mondo per secoli nel contesto di di sistemi agricoli che comprendevano anche l'allevamento del bestiame, come nella nostra azienda agricola. A partire dall'ottocento, in seguito ai risultati degli studi condotti dal chimico tedesco Justus von Liebig sui fertilizzanti chimici venne introdotto il sistema della monocoltura, il primo passo verso l'avvento dell'agricoltura intensiva. L'ottocento fu un secolo di grande fermento economico e tecnologico. Fu, ad esempio, il secolo della grande rivoluzione industriale. Se da un lato fu il secolo in cui si posero le basi della civiltà tecnologica in cui oggi viviamo, dall'altro segnò l'instaurarsi della filosofia che ispira il modello di sviluppo della società moderna, tutta orientata al mercato e alla ricerca di sistemi per massimizzare il reddito. Si tratta, a nostro modo di vedere, di un atteggiamento molto immaturo da parte dell'Umanità. Una società che sfrutti l'ambiente in cui vive in modo intensivo, secondo noi è simile a un bambino che si sieda a mangiare davanti al frigorifero aperto. Qualunque mamma di buon senso lo biasimerebbe e lo rimprovererebbe, a prescindere dalla disponibilità economica della famiglia. Il bimbo, infatti, facendo così da una parte sprecherebbe una quantità enorme di energia elettrica (e senza alcuna buona ragione), dall'altra causebbe il deperimento delle scorte alimentari della famiglia.

Il grosso limite di questo esempio, che pure rende l'idea di ciò che la nostra società sta facendop oggi con grande disinvoltura, è che se anche tutte le vettovaglie della famiglia andassero perse, la madre potrebbe sempre uscire di casa e andare a fare la spesa. Se però il frigorifero di cui stiamo parlando è il nostro ecosistema, dove andrà la mamma a fare la spesa? Forse sulla luna?

 

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> Coltiviamo il pisello proteico per avere un terreno più protetto rispetto a quello che avremmo se tutti acquistassero la soia di importazione

A prescindere dai rischi tossicologici legati alle micotossine, dall'incognita sulla presenza di OGM, dall'inutile quantità di CO2 rilasciata nell'atmosfera, dall'impoverimento organico del suolo, un'altra osservazione che qui vale la pena di fare è che se tutte le aziende agricole di una regione preferissero, per ragioni di convenienza economica, acquistare i mangimi dalle multinazionali, piuttosto che coltivare la terra in prima persona, quella regione, nell'arco di pochi anni, andrebbe incontro a un pesante degrado delle campagne a cui conseguirebbe un pericoloso dissesto del territorio. Quest'ultimo, come dimostrano le recenti alluvioni e le inondazioni (tropo frequenti in Italia) affliggerebbe anche gli abitanti delle città. Un articolo come questo ha lo scopo di sensibilizzare i cittadini a non ricordarsi di quanto sia importante tutelare l'agricoltura e la vita nelle campagne solo in occasione dei disastri ambientali.

 

Ecco dunque 5 motivi per cui preferiamo coltivare sui nostri terreni il pisello proteico, piuttosto che importare da lontano la soia, un prodotto che non appartiene alla nostra tradizione zootecnica e che si ottiene con tecniche che abusano della generosità del nostro ecosistema. Ecco, dunque, 5 motivi per cui la nostra azienda è diversa.

Questa è la nostra filosofia, questo è lo stile che anima il nostro modo di fare agriturismo, con cui ci piace coltivare, gestire i nostri allevamenti, cucinare per gli ospiti del nostro ristorante, preparare i formaggi del nostro caseificio e vendere carni di qualità sui banconi della nostra macelleria.

 

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